SPIAZZAT*

Nelle puntate precedenti…

Abbiamo inaugurato il percorso di SPIAZZAT* sabato 27 marzo 2021 chiedendoci: come stiamo nello spazio?

come stiamo nello spazio?

Ci siamo interrogat* collettivamente sulla ???????????????????????????????? ???????????? ???????????????????????????????? ???????????????????? ????????????????????????????????????̀ ????????????’???????????????????? ????????????????????, ???????????????????? ???????????????????????????????? ???????? ???????????????????? ???????????????????? ???????????? ????????????????????????????????????????, ???????????????? ???????????????????????????????? ???????? ???????????????????????????????????????????? ???????????? ???????????????????????????? ???????????????????????????????????? ???????????????? ???????????????????????????? ???????????????????????????????????????????????????? ???? ????????????????????????. Abbiamo discusso a partire dai limiti oggettivi e soggettivi, dalle paure e dai bisogni e desideri di lotta comune, di sapere collettivo, di salute e cura. Dalla necessità collettiva imprescindibile di ri-incontrarci e di ri-tornare a prenderci lo spazio, dopo tanto tempo in cui anche solo questa possibilità sembrava lontanissima, abbiamo immaginato forme di mobilitazione, di attraversamento dello spazio pubblico e di socialità.
I NOSTRI CORPI CONTANO!
nel momento in cui sembrava lontanissima la possibilità di rivedersi in presenza e il bisogno di socialità era ormai imprescindibile.

Il 10 aprile 2021 abbiamo organizzato SPIAZZAT*: CORPI CHE CONTANO. Abbiamo discusso di come questa nuova normalità di strade vuote e isolamento renda i nostri corpi vulnerabili ad attacchi transfobici, ad aggressioni misogine, al razzismo. Lo avevamo detto: non vogliamo tornare alla normalità perché la normalità è un problema.
Siamo consapevoli della difficoltà nel tornare a riprenderci, vivere, attraversare lo spazio, soprattutto dopo un anno di pandemia (sindemia). Siamo spiazzat*: vogliamo continuare a condividere le nostre frustrazioni, la nostra rabbia e la voglia di cambiare tutto, ancora una volta.
Abbiamo pensato a forme di risignificazione degli spazi pubblici da implementare: frocizzare i luoghi che viviamo con la nostra presenza, tramite momenti di socialità (ampia), lasciando segni evidenti e caratterizzanti, camminare (spostarsi) assieme nello spazio per non essere sol@.

Ritorna SPIAZZAT* RABBIA IN MOVIMENTO
8 maggio 2021 dalle 16:00 al Parco della Zucca

Discuteremo di #moltopiudiZan
e di #Pride.

The time has come!

Il Campo Innocente a Santarcangelo 2050

Il Campo Innocente  è un blog, un assemblaggio, una collettività che “raccoglie l’azione di artist* e lavorator* dello spettacolo che pongono la questione della violenza, del sessismo e della precarietà nel mondo artistico”. A Santarcangelo Festival 2050 si  è tenuto il primo incontro in presenza e vale la pena vederlo e ascoltarlo tutto!

Qui potete leggere il primo post del progetto, uscito il 15 Luglio 2020 in occasione della riapertura del sistema arte e spettacolo:

COME STIAMO | Kit di pronta emergenza da portare con sé in caso di improvvisa ripartenza del sistema arte e spettacolo in era post-pandemica

 

QUI IL VIDEO della diretta Facebook:

Gender Panic! Molto più di Zan! 11 Luglio a Bologna

Molto più di Zan!

Evento FB

Siamo froce, lelle trans*, lgbtiq+, sex worker, rifugiat*, razzializzate, donne, lesbiche e lesbicx. Siamo transfemministe. Siamo corpi desideranti, e vogliamo essere libere dalla violenza strutturale che l’eteropatriarcato ci impone ogni giorno. Per liberarci serve molto di più di una legge, lo sappiamo, per questo la nostra lotta non si è mai fermata. Chiediamo molto più della legge Zan, perché non ci basta inasprire le pene a costo zero, ma vogliamo un cambiamento radicale della società che ci opprime.

Il dibattito sulla legge Zan è lo specchio della stessa violenza che viviamo ogni giorno: persino quando si parla dei nostri corpi le parole sono quelle degli oppressori. La nostra presa di parola vale molto di più di quella di chi scende in piazza in difesa del proprio privilegio, rivendicando il diritto alla violenza e chiamandolo libertà. La nostra presa di parola vale molto di più di quella di qualche sedicente femminista, intenta a riprodurre il controllo sui nostri corpi che ha imparato dal patriarcato. La nostra presa di parola vale molto di più, perché è di noi che si sta parlando.

Vogliamo molto di più di una legge incentrata sui dispositivi punitivi. Lo abbiamo detto a Verona con Non Una Di Meno, lo abbiamo detto nelle piazze favolose del pride transfemminista queer, e lo diremo di nuovo questo sabato. Il dibattito sulla legge contro l’omolesbobitransfobia è l’ennesimo tentativo di trattare delle garanzie giuridiche minime come una merce di scambio, in una società che ancora non riconosce la nostra esistenza.

Il contesto pandemico ha dimostrato quanto la legge italiana sia espressione del patriarcato e del binarismo di genere. È risultato evidente nell’imbarazzante graduatoria degli affetti stilata dal governo all’avvio della Fase 2, rigidamente vincolati a legami di sangue o di relazioni eteronormate. Ancora più violentemente, si è imposta sui corpi delle donne e delle soggettività femminilizzate costrette nelle proprie case insieme a compagni e padri violenti.

Per cambiare questa realtà non basta inasprire le pene: ciò che serve è un cambiamento radicale del presente. Sappiamo anche che la violenza quotidiana subita da persone queer, trans e dissidenti difficilmente viene a galla proprio perché denunciarla significa esporsi nuovamente ad essa. Ma sappiamo anche che chi si sta opponendo a questa legge di questa violenza è complice. Negare che esistano forme di violenza indirizzate contro esperienze di genere che non rientrano nei ruoli prescritti da questa società patriarcale significa legittimare che migliaia di persone siano oppresse e precarizzate più intensamente a causa di quegli stessi desideri dissidenti e che non abbiano strutture alle quali rivolgersi quando subiscono violenza, significa negare che la discriminazione produce disuguaglianza economica e sociale.

Riconoscendo quindi che l’omolesbobitransfobia, come la violenza di genere e del genere, come la misoginia, non è un atteggiamento psicologico individuale, non è una violenza episodica, non è una mera discriminazione correggibile con una legge, ma è sistemica e strutturale, chiediamo molto di più del ddl Zan. C’è bisogno di agire in prevenzione nelle scuole. Se da un lato le scuole sono luoghi dove molt* persone lgbtqi possono stare lontano da famiglie violente e creare comunità in cui riconoscersi, allo stesso tempo spesso è anche il luogo in cui si riproduce la violenza sistemica. Vogliamo un cambiamento radicale della scuola, una revisione dei programmi e dei libri di testo, formazione per le insegnanti, educazione sessuale, affettiva e alle differenze, soldi. La scuola deve essere il luogo dove vengono abbattute le barriere di genere, classe, razza, orientamento sessuale. Solo così si potrà contrastare l’omolesbobitransfobia e non limitarsi a punirla.

C’è bisogno di rafforzare, in tutte le forme e luoghi possibili, i centri antiviolenza. Negli ultimi anni abbiamo visto un generale disinteresse verso i centri antiviolenza, lasciati senza finanziamenti o minacciati di chiusura, da ultimo l’esperienza di Lucha y Siesta a Roma. Noi chiediamo di più, non solo che questi centri non vengano depotenziati, ma anche la creazione di centri antiviolenza lgbt autogestiti.

C’è bisogno di un reddito di autodeterminazione, universale, individuale, slegato dal lavoro, per emanciparsi dalle famiglie di origine e sottrasi alla violenza domestica e anche come risarcimento per essere dell* bambin* e adolescenti queer in una società eteropatriarcale!

Per questo sabato 11 luglio saremo nuovamente in piazza a Bologna contro la violenza di genere e dei generi, per chiedere che sia riconosciuta la natura sistemica della violenza che colpisce tuttx noi. Il transfemminismo produce relazioni dissidenti e soggettività autodeterminate, che sono gli unici anticorpi possibili di fronte alla violenza strutturale dell’eteropatriarcato. Di fronte a questa violenza torniamo in piazza, per chiedere molto più della legge Zan! Dichiariamo lo sciopero permanente dai generi imposti e normalizzati! Alla reazione di gender panic causata dal solo nominare il “genere”, rispondiamo alzando la posta: noi siamo già oltre il panico, siamo paniche!

#genderpanic #bsidepride #nonunadimeno #ddlzan

I credits per la favolosa grafica vanno ad AthenA! Grazie!

11/07/2020 Piazza Nettuno dalle 18:00 alle 21:00

B-Side Pride

 

Comunicato congiunto su legge regionale contro omolesbotransnegatività dell’ Emilia-Romagna

Con questo comunicato del 22 luglio 2019, B-side ha espresso le sue critiche ad una legge regionale contro l’omolesbotansnegatività del tutto insufficiente rispetto ai bisogni delle soggettività che attraversano l’assemblea, ribadendo che non è per via legislativa che si risponde a tali bisogni ma con la lotta contro la matrice eteropatriarcale e le pratiche transfemministe.

Un’insufficenza, quella della legge regionale n. 15/2019, frutto di mediazioni interne alla maggioranza di governo regionale che è stata denunciata, insieme a B-Side, da quasi tutto il movimento lgbt bolognese e da diverse realtà a livello nazionale.

“Comunicato congiunto

La legge contro omotransnegatività, dopo il passaggio in Commissione Parità e dopo gli emendamenti approvati, mercoledì 24 luglio passerà al voto dell’Assemblea regionale dell’Emilia Romagna.

Una legge che si manifestava già inizialmente come incompleta, dopo aver subito diversi interventi si rivela insufficiente per la nostra comunità.

Le modifiche apportate, ad iniziare dal titolo da cui viene estromesso ogni riferimento all’omotransnegatività per divenire “Legge regionale contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere” sono molte.

In primis rimuovendo il termine omotransnegativita’ dal titolo la Regione viene meno al riconoscimento di quella pericolosa matrice di odio e di violenza atta a negativizzare la vita delle persone Lgbtqi+ , pericolo e fonte di discriminazioni quotidiane per le nostre vite.

Con l’emendamento che ha previsto la sostituzione del termine “garantisce” a “riconosce” nell’art. 1 comma 2 del testo di legge e cita:

“La Regione riconosce il diritto all’autodeterminazione di ogni persona in ordine al proprio orientamento sessuale e alla propria identità di genere.”

La Regione viene meno ad un impegno attivo nel rimuovere ostacoli che impediscano nella quotidianità di tutte le soggettività coinvolte l’effettivo esercizio della libertà e dell’autodeterminazione, che per noi significa accesso senza discriminazioni alle prestazioni sanitarie, welfare, lavoro, al diritto allo studio e alla casa.

Con l’emendamento approvato, in particolare viene sottratta al singolo una base giuridica che gli attribuisca un diritto, in favore di un mero riconoscimento teorico, e questo aspetto è particolarmente importante per le persone trans.

In questo contesto regionale, infatti, rimangono ancora marginalizzati i corpi trans e gli attacchi di stampo transfobico e squadrista sono all’ordine del giorno, come abbiamo avuto modo di osservare anche questa settimana con l’ennesima aggressione avvenuta ai danni di una ragazza trans. Questa legge pur citando la transnegatività non propone strumenti di tutela regionali oltre la semplice delega a soggetti privati in sussidiarietà orizzontale.

Inoltre, gli interventi formativi previsti dall’articolo 3 su educazione e sport non si rivolgono direttamente a studenti e studentesse, i primi bersagli dell’omolesbobitransnegatività nelle scuole, come invece richiesto più volte dalle associazioni.

Infine, nel testo licenziato dalla Commissione, è rimasto l’emendamento finalizzato a impedire l’erogazione di finanziamenti pubblici alle associazioni che “nello svolgimento delle proprie attività realizzano, organizzano o pubblicizzano la surrogazione di maternità”, come legiferato dalla legge 40 del 2004 introducendo di fatto un condizionamento per l’ottenimento di finanziamenti basato sulla limitazione della libertà di espressione e di critica dei gruppi e delle associazioni lgbtq+.

Non sono state accolte le nostre richieste di eliminare ogni riferimento alla pratica della GPA, in nessun modo oggetto o correlato alla legge in discussione, l’uso strumentale di questo tema lede ancora una volta le famiglie Lgbtqi+ e risulta un compromesso inaccettabile in una legge come questa.

Non è stata accolta la richiesta di inserire un riferimento all’applicazione della legge 194/78, quotidianamente sotto attacco da associazioni e gruppi integralisti che ostacolano l’autodeterminazione delle donne.

Nessun finanziamento regionale, quindi, a chi “realizza, organizza o pubblicizza la surrogazione di maternità” ma fondi garantiti a chi ostacola o umilia le donne nell’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza.

L’intera operazione politica, anche in quanto frutto di mediazioni interne al PD in vista delle elezioni regionali, ci consegna certo una legge contro le discriminazioni di genere e orientamento sessuale, ma non all’altezza delle nostre vite, depotenziata nel suo valore antidiscriminatorio da alcuni emendamenti approvati.

Operazioni politiche erronee in una legge che rappresenterebbe solo un piccolo passo per intercettare le necessità di chi vive e opera nei territori della regione in cui è sempre più difficile combattere il dilagare della cultura omolesbobitransfobica. Vogliamo invece promuovere l’autonomia delle persone LGBTQI+ e percorsi di trasformazione sociale dal basso per renderci veramente libere dalla omolesbobitransfobia e dalla sierofobia e dal ricatto istituzionale come nel caso delle istanze che riguardano la genitorialità LGBTIQ+.

Di certo non possiamo accettare che l’inchiesta “Angeli e Demoni”, ancora in corso, venga strumentalizzata per discriminare le persone gay, lesbiche, bisessuali, trans, queer e intersessuali, con proposte di schedatura di single e coppie affidatarie da parte di esponenti di Fratelli d’Italia.

Un’inchiesta violentemente strumentalizzata dalle destre per colpire esponenti della comunità lgbtqi+ con minacce ed intimidazioni: tra gli ultimi, gli attacchi al presidente del Cassero, Vincenzo Branà.

A tutte e tutti va tutta la nostra solidarietà e rilanceremo le nostre lotte per contrastare qualsiasi forma di aggressione che ciascuna di noi subisca. Non permetteremo che un episodio di cronaca che riguarda il benessere di bambine e bambine metta in discussione le vite delle persone LGBTQI+.

Siamo infine rimaste inorridite dalle parole violente e discriminanti usate dai consiglieri Galli e Tagliaferri durante la discussione in Commissione Parità e non possiamo accettare che passino sotto silenzio. Ci tuteleremo in tutte le sedi con gli strumenti, anche legali, a nostra disposizione.

Ma se le retoriche delle destre oltranziste, ormai capillari e diffuse, purtroppo non ci stupiscono, ci stupisce che le forze progressiste possano aspettarsi che le persone LGBTQI+ si accontentino di una legge già poco incisiva in partenza.

Ci aspettiamo che con lungimiranza politica venga emendato il testo nel senso che abbiamo indicato.

Alla luce delle vicende che hanno accompagnato l’iter di questa legge, noi soggettività lgbtqi+ siamo convinte di dover continuare a rafforzare l’autonomia delle nostre lotte e per essere sempre più protagoniste nel discorso pubblico e politico.

Realtà aderenti:

B-Side Pride, in particolare
MIT – Movimento Identità Trans
Plus – Persone LGBT sieropositive Onlus
Laboratorio Smaschieramenti
Elastico fa/art
Collettiva Elettronika
La Mala Educación
Laboratorio L’isola
Il Barattolo
Ryno

Firmano anche:
Lesbiche Bologna
Agedo Nazionale
Grande Colibrì
Indiepride
Komos
Gruppo Trans
Unilgbtq
Boga sport
Arcigay Ravenna
Famiglie Arcobaleno
Uaar – unione degli atei e degli agnostici razionalisti
IAM – Intersectionalities and more
Sunderam Identità Transgender Torino Onlus
Libellula
La Fenice 2.0”