Appello da Queer Palestinesi: No al Pinkwashing dei crimini Israeliani!

Queer Palestinesi esortiamo lə Queer Globali a sostenerci!

Chiamata alla solidarietà

No al Pinkwashing dei crimini Israeliani!

Palestinian Queers Call on Global Queers to Stand With Us
Appello di ASWAT

Mentre le persone queer e LGBTQIA+ nel mondo celebrano la Giornata Internazionale contro l’Omofobia e la Transfobia (IDAHOT) e le parate Pride, noi queer palestinesi stiamo vivendo uno stato d’orrore. Le forze militari di polizia dell’Apartheid israeliano ci stanno attaccando con lacrimogeni e granate assordanti, stanno dando la caccia e arrestando le/i nostrə attivistə mentre marciamo protestando pacificamente. Contro che cosa protestiamo? Contro i massacri a Gaza ad opera di Israele; contro le sue atrocità, i suoi espropri e pulizia etnica a Gerusalemme; nella Valle del Giordano, a Galilee, Naqab (Negev) e nella West Bank; e contro il suo supporto agli attacchi razzisti dell’estrema destra alle Comunità Indigene Palestinesi ovunque, che siano queer o etero.

Le testimonianze de* Palestinesi queer che vivono all’interno dell’attuale Israele raccontano con precisione con quanta brutalità le forze di polizia israeliane pesantemente militarizzate reprimono le manifestazioni in solidarietà a Sheikh Jarrah, un quartiere palestinese occupato a Gerusalemme Est, dove 4 famiglie sono costrette a lasciare le proprie case per lasciare spazio alla colonizzazione dei coloni Ebrei-Israeliani.

Ghadir al Shafie, co-fondatrice di Aswat, riporta così la testimonianza di suo figlio che ha partecipato a una manifestazione pacifica nella loro città natale Akka: “Alcuni giorni fa, mentre stavo tornando a casa da una manifestazione vicino a Yaffa, mio ​​figlio Jude, che ha 17 anni, mi ha chiamata. Gridava, potevo quasi sentire il suo cuore battere forte: “Mamma, la polizia ci insegue con lacrimogeni e granate assordanti; sono brutali. Si stanno avvicinando a noi”. Ero in uno stato di shock totale, spaventata per la vita di mio figlio.

Altre testimonianze di attivistə queer che hanno partecipato a marce pacifiche rivelano una brutalità e una repressione della polizia senza precedenti contro i palestinesi. “Ci stavamo organizzando per iniziare la manifestazione ad Haifa quando abbiamo sentito granate assordanti seguite da un’intensa ondata di lacrimogeni. Ricordo di aver guardato il cielo ed era tutto pieno di nuvole di fumo. Abbiamo iniziato a correre verso alleatə vicinə per poi venire attaccatə da folle armate ebreo-israeliane di estrema destra che cantavano “Morte agli arabi”. È stato orribile! “

Sorelle e fratelli, oggi lottiamo per i diritti queer come parte dei nostri diritti politici, sociali e umani. La nostra lotta per i diritti queer è anche intersezionalmente connessa alle lotte mondiali per i diritti delle persone Indigene, i diritti delle donne, le vite delle persone di colore, le vite delle persone nere e per i diritti climatici. Chiediamo ai gruppi e allu attivistə queer e LGBTQIA + di sostenere le/i palestinesi, boicottando, come minimo, gli eventi del pinkwashing israeliano, come il Tel Aviv Pride, il Tel Aviv Film Festival o qualsiasi attività simile.

Come nella lotta contro l’apartheid in Sudafrica, chiediamo la vostra solidarietà, e la forma più efficace di solidarietà con la nostra lotta di liberazione è rifiutarsi di nascondere, Pinkwash o normalizzare i nostri oppressori e le istituzioni e attività che sono parte integrante del loro sistema di occupazione, colonizzazione e apartheid.

Il coraggio che il mondo intero sta riconoscendo alle/ai palestinesi di tutta la Palestina storica, ispira una coraggiosa solidarietà in tutto il mondo. Le/i palestinesi, compresə le/i queer, hanno bisogno della tua significativa solidarietà per aiutarci a porre fine ai 73 anni di brutale oppressione di Israele.

RISORSE UTILI:

ASWAT Call for Solidarity Testo Originale

Qui il sito di ASWAT Palestine (Centro Femminista Palestinese per le Libertà Sessuali e di Genere)

Pagina facebook di ASWAT

Beyond Propaganda: Pinkwashing as Colonial Violence da alQaws

Iniziative passate a Bologna contro il PinkWashing a cura del Laboratorio Smaschieramenti

Prendiamo parola come persone trans migranti

Riceviamo e condividiamo questo intervento di una compagna attivista, Denise, da cui speriamo inizi una (auto)riflessione collettiva all’interno delle nostre comunità. L’intervento è stato originariamente fatto al festival Divergenti 2020, organizzato dal MIT, e può essere ascoltato qui, con audio sia in inglese che italiano

Ciao a tutte, tutti e tuttu. Sono molto onorata di essere qui, ed anche emozionata. Parlerò dei problemi delle persone trans migranti, come me. Sono una persona trans migrante e questo è un momento importante per me e per tuttu noi, perchè è importante parlare dei problemi da “dentro”, altrimenti è molto facile che nascano delle incomprensioni.
Il mio intervento sarà per punti.

1. Il primo problema riguarda il nome ed il riconoscimento legale, dei documenti. Questo è uno dei principali problemi per le persone trans migranti, stando a quello che vedo e di cui ho esperienza. Innanzitutto non siamo a nostro agio nell’usare il nostro dead-name ed il sesso sbagliato del documento. Per esempio, quando ci candidiamo per un lavoro, ci iscriviamo a scuola o ad un corso, perfino all’ospedale ci chiamano con i nostri dead-names. Ad esempio, un’amica trans e migrante è andata dal dentista e ha chiesto di essere chiamata con il suo nome scelto, ma le persone dell’ufficio hanno insistito a chiamarla con il nome sui documenti. Sappiamo che è possibile cambiare il nome sui documenti in Italia ma attraverso un processo non facile, che richiede molto tempo, e questo tempo ci fa perdere fiducia e ci mette in difficoltà. Insieme, lavorando collettivamente, possiamo cambiare qualcosa, parlarne, rendendo esplicito questo problema enorme al governo o a chi ne è responsabile.

2. Come persona trans immigrata è veramente difficile trovare lavoro in Italia, perché per un datore di lavoro sia l’essere trans che essere immigrata sono cose negative. Perfino a Bologna, nonostante si dica sia una città di mentalità “aperta”, è molto difficile trovare lavoro. Perchè ci considerano criminali: non avere sul documento il proprio sesso e il proprio nome crea nei datori di lavoro la convinzione che siamo criminali, mentre siamo solo persone che cercano di vivere la propria vita. E anche se si trova un lavoro, è molto probabile venire molestate sessualmente, o bullizzate, o subire mobbing, o licenziate. Per una persona trans migrante trovare e mantenere un lavoro è molto difficile, più difficile che per altre persone LGBTQIA+.

3. Il terzo punto riguarda le difficoltà durante la pandemia di Covid-19 e durante la quarantena. Certo, so che è un momento duro per tuttu, ma è davvero grave per le persone trans immigrate. Se già, come ho detto, è difficile per noi trovare lavoro, in questo momento è ancora più difficle sia trovare un lavoro che anche solo un posto in cui vivere. Come sapete molte persone trans migranti sono spinte a lavorare come sex-worker. Non lo dico perchè penso che il sexwork sia qualcosa di negativo, è un lavoro come un altro, ma non è la stessa cosa sceglierlo liberamente ed essere spinta a farlo quando non hai possibilità di altre scelte. In questo momento lavorare come sex worker è molto difficile, perchè è tutto chiuso, nessuno vuole rischiare ed uscire di casa. Durante la quarantena molte hanno dovuto lasciare anche questo lavoro. Molte di noi sono rimaste senza cibo, e siccome il sex-work non è considerato lavoro, non c’è nessuna assicurazione sanitaria, nessun intervento di aiuto da parte delle istituzioni. Quindi in questo momento non hanno lavoro e nessuno ne prende atto.

4. Un altro punto è la mancanza di informazioni sui diritti delle persone LGBTQIA+ migranti, diritti trans ed attivismo delle persone trans migranti. Molte di noi non hanno idea dei diritti che abbiamo, non ne sanno nulla e nessuno prova a spiegarglieli. All’interno della comunità LGBTQIA+ siamo quell* che incontrano i maggiori problemi e difficoltà, e questi problemi dovrebbero essere risolti, dovremmo parlarne, fare di più, ma siamo impossibilitate perché non sappiamo cosa o come fare. Vediamo attivist* e attivismo dappertutto ma non ci sono soluzioni per noi. Perciò molte persone trans immigrate pensano che l’attivismo sia inutile, una perdita ti tempo. Io mi considero attivista, e chiedendo spiegazioni ad altre persone trans migranti sul perchè avessero questa opinione, ho scoperto che molte si sono semplicemente rassegnate al fatto che questa vita invisibile sia l’unica vita possibile per una persona trans. Ma non è così! Come migranti transgender dovremmo poter vedere altri lati dell’attivismo e della comunità, ma raramente accade.

5. Questo punto è connesso al precendete: la mancanza di rappresentanza delle persone trans migranti nella comunità LGBTQIA+. Spesso non siamo inclus* e siamo invisibilizzat* nei gruppi LGBTQIA+. Anche a Bologna ce ne sono molti ma se guardiamo a chi c’è in quei gruppi, in quelle comunità, non vediamo nessun* come noi, non vedo persone trans migranti, non c’è nessuna. L’unica persona che vedo è Mazen e forse ce ne sono altre ma non mi capita mai di incontrarle. Ecco perché ci sentiamo alienate, ed è la sensazione più brutta. C’è un detto che dice che la cosa peggiore che si può fare ad una persona è comportarsi come se non esistesse, e loro si comportano come se noi non esistessimo. Ed, effettivamente, noi non esistiamo nei loro gruppi. E questa è la cosa peggiore che potrebbero farci, e sta accadendo all’interno della nostra comunità. Immaginate di avere un amic* gay, lesbica o bisessuale che finge che tu non esista… è doloroso. Ed è per questo che molt* di noi sono restie a collaborare con questi gruppi, con queste persone, perchè non ci sentiamo rappresentat*.

6. L’ultimo punto riguarda il privilegio bianco e la supremazia gay cis nella comunità. Altre persone parlano dei miei problemi al posto mio, ma io ho una voce e posso parlare dei miei problemi e delle mie richieste. Ma non ci invitano, non ci lasciano parlare e fanno sì che veniamo fraintes*, noi e le nostre richieste. Di solito uomini gay cis italiani, bianchi e privilegiati occupano, o meglio, invadono con la forza non solo i ruoli principali ma quasi tutti i ruoli nei gruppi LGBTQAI+. Difficilmente lasciano parlare autonomamente altru, non solo noi persone trans migranti, ma anche lesbiche, bisessuali, persone intersex, queer e trans. Le persone trans migranti sono lasciate per ultime nella comunità, gruppi ed assemblee LGBTQIA+, siamo le ultime a parlare. Voglio dare un esempio: quasi un anno fa durante il primo lockdown c’era un ragazzo gay cis bianco che parlava dei problemi delle persone trans in Italia durante la quarantena. Ha dichiarato che il nostro problema principale fosse l’accesso agli ormoni, ignorando tutti i nostri problemi. E per me è stato uno shock: fermi tutti. Chi sei tu bianco italiano cis uomo per parlare al posto mio? Abbiamo altri problemi più gravi, specialmente durante il lockdown. Non hai probabilmente nemmeno un amicu trans perchè è ovvio che non hai idea di quello che dici, ma stai parlando di noi in un incontro internazionale, una grande piattaforma, con altre persone di altri paesi. Ci stava rappresentando in quella conferenza senza sapere nulla di noi, lo vedete il problema? Come se un botanico entrasse in un giardino per curare un albero malato e si soffermasse a studiare l’albero sano. Sentire una persona italiana privilegiata che si erge a rappresentante dei nostri problemi è davvero stupido.

È difficilissimo risolvere tutti questi problemi, il punto non è trovare una soluzione qui e ora, ma piuttosto dare spazio a noi per parlare per noi stessu, noi vogliamo esistere e abbiamo bisogno che ci lasciate parlare, abbiamo bisogno di spazio. Ci sono molti gruppi in cui voi parlate e vi esprimete, e la stessa cosa vogliamo anche noi. Non vogliamo certo occupare e gestire tutto lo spazio come dei maschi gay privilegiati, noi vogliamo solo essere coinvoltu, parlare. Ne abbiamo bisogno.

Grazie per avermi ascoltata, grazie a tuttu.

 

B-Side PRIDE Piazza TFQ 27G 2020

Evento FB

Il B-Side Pride invita tutt* a costruire per il 27 giugno, in piazza
Nettuno alle 13.30, una piazza del Pride favolosa, antirazzista, intersezionale, degenere, puttana, frocia, lella e trans non binaria, sierocoinvolta.

COMUNICATO STAMPA:

Dopo aver già attraversato il Pride bolognese nel 2019 e dopo una lunga serie di iniziative avviate nell’ultimo anno e durante la pandemia, B -Side Pride torna in piazza per fare del Pride una manifestazione politica per i diritti civili e sociali delle persone LGBTIA+queer: l’appuntamento è sabato 27 giugno in piazza Nettuno alle 13.30. Si suseguiranno parole, musica, suoni, performance artistiche.
La rete di singol*, associazioni, collettivi, reti, migranti, richiedenti asilo, razzializzate, native e terrone, studentesse/i/, sieropositiv, sex worker, frocie, lesbiche, trans*, intersex, non binarie e transfemministe è nata per reinventare un movimento autorganizzato di liberazione di corpi, generi e sessualità. A partire da sé e dai bisogni delle soggettività costruiamo un’analisi e una pratica per opporci alla violenza strutturale eteropatriarcale attraverso una politica orizzontale, assembleare, autonoma, desiderante e non consociativa. Durante la pandemia e nella crisi che ha generato abbiamo agito solidarietà queer e mutualismo, distribuendo cibo, farmaci, risorse, connessione internet a quant* erano senza lavoro, senza reddito o isolat*.
Ora torniamo in piazza per rivendicare: un modello di salute pubblica basato su medicina territoriale e preventiva, con il coinvolgimento dei servizi community based; centralità della salute e della riproduzione sociale, contro la produzione e il profitto; una scuola pubblica in grado di educare alle differenze, alla salute e alle libere affettività; un permesso di soggiorno europeo slegato da lavoro e famiglia e lo ius culturae; maggiori interventi specifici per rifugiat* LGBTIQ+ che ne garantiscano libertà di autodeterminazione; il superamento della legge 164 sulla transizione per una piena depatologizzazione; interventi e risorse contro la violenza di genere e dei generi (non ci interessa un aumento delle pene ma piuttosto un cambiamento culturale e sociale). Siamo contro la violenza di generi e confini, vogliamo cambiare questo mond e ci uniamo al grido transfemminista intersezionale che si alza dal nord Africa al Rojava, dall’America Latina al movimento Black Lives Matter, alla Palestina.
Sarà una piazza safer, nel rispetto della salute e della cura collettiva, attraversabile da corpi diversamente vulnerabili, come condiviso nel coordinamento transfemminista queer 2020 Marciona che organizza iniziative Pride a Milano, Bergamo, Torino, Genova,nei loghi più colpiti dalla pandemia. Segneremo con creatività lo spazio consensuale tra i corpi, per rendere safer la piazza, riappropriandoci in forma queer dei dispositivi di protezione individuale in modo da trasformarli in tecnologie di prevenzione e autocura collettiva.

DOCUMENTO E CONVOCAZIONE DI PIAZZA:

Il #27G (e dintorni) è la data che abbiamo scelto in rete con >>

MMARCIONA: VERSO UN PRIDE TRANSFEMMINISTA QUEER

La pandemia e la crisi che ha generato hanno acuito la precarietà per tuttu, come queer (froce, lelle trans*, lgbtiq+, sex worker, rifugiat*, razzializzate) ci siamo ritrovat* invisibilizzate dalle retoriche e dalle politiche familiste e paternaliste con cui la crisi è stata gestita. Come queer ci mancano cose materiali e immateriali ugualmente essenziali: cibo, reddito, accesso alla salute, la socialità frocia, lo spazio pubblico, le piazze, il cruising, l’incontro dei corpi nello spazio pubblico, la comunità politica nella quale potersi riconoscere che no, non è la nazione bianca eterosessuale. Per questo sentiamo l’esigenza di connetterci, di agire mutualismo e solidarietà queer e di ricostruire, a partire dal #27G, uno spazio pubblico dove incontrarci e lottare insieme.

Per questo il #Pride diventa per noi più che mai l’Orgoglio per i nostri legami queer, che sono reti, sfamiglie, altre intimità, parentele spurie di affinità e resistenza, formazioni sociali che non riproducono la famiglia eterosessuale.

Prepariamo e agiamo da subito la lotta della vita contro il profitto,
della cura contro la selezione, del desiderio contro la paura e ci
connettiamo alle richieste di reddito di autodeterminazione, accesso alla salute pubblica per tutt*, diritto a lavorare in sicurezza,
autorganizzazione della cura e riconoscimento del lavoro di riproduzione sociale come centrale. Perché non si tratta di sperare in un ritorno alla normalità, che per noi era il problema, si tratta di ripensare le basi della ri/produzione sociale ed ecologica. Anche per questo ci sentiamo in connessione e aderiamo alla piazza di #NonUnaDiMeno del 26 giugno ✹ Torniamo nelle strade. Ci riprendiamo tutto ✹ Bologna

Siamo in piazza contro la violenza di genere e dei generi!
La violenza è strutturale: l’eteropatriarcato è alla base della cultura
capitalistica e colonialista e garantisce l’organizzazione della società secondo rapporti di sfruttamento che rispondono alle logiche del profitto. Il transfemminismo rompe le certezze delle relazioni su cui si basa la società patriarcale, restituendo relazioni inedite, favolose e dissidenti. Per questo crediamo che sia importante discutere della legge su omolesbotransfobia: non ci interessa l’inasprimento delle pene a costo zero, vogliamo vedere riconosciuta la natura sistemica della violenza (l’eterosessualità obbligatoria) e chiediamo interventi strutturali per sradicarla a partire da educazione e prevenzione. Inoltre, la discriminazione non è un fatto meramente culturale, produce disuguaglianza sociale e materiale, per questo chiediamo reddito di autodeterminazione e accesso a salute, casa, istruzione per ognun*: per transitare fuori dai vincoli famigliari, patriarcali e omosociali.

Siamo in piazza per la depatologizzazione delle transizioni e delle vite trans e non binarie: superiamo la legge 164!

Siamo in piazza in solidarietà con il movimento Black Lives Matter e con tutte le resistenze queer, femministe, antirazziste, antifasciste
globali, dal Rojava alla Palestina al Brasile. Qui e ora combattiamo contro il razzismo sistemico e istituzionale e in alleanza con le soggettività lgbtiqueer migranti e razzializzate: vogliamo l’abolizione delle legislazione razzista e securitaria, permesso di soggiorno europeo, decolonizzazione della cultura e della società.

Siamo sierocoivolte e da questa prospettiva guardiamo alla salute: il ruolo dei servizi di prossimità e community-based nella cura dell’hiv e la lezione post pandemia fanno emergere la necessità di un ripensamento del welfare nazionale e regionale. Che si tratti di medicina territoriale, preventiva di residenze anziani, salute mentale, carceri, strutture di accoglienza va superata la visione disciplinare che crea spazi separati in cui isolare e concentrare “l’Utente”. Chiediamo accesso alla salute pubblica, alla prevenzione, alle terapie senza discriminazioni per le persone trans, razzializzate e marginalizzate. Lottiamo contro lo stigma che ancora ci colpisce come sieropositive.

Lottiamo contro lo stigma che ancora ci colpisce come puttane. Siamo libere di sperimentare le nostre sessualità in relazioni multiple. Il sex work è un “lavoro” e prima di tutto è un lavoro di/del genere perché la relazione di cura/seduzione che si costruisce è parte del servizio che viene venduto. Il sex work è lavoro e come tale necessita di diritti e tutele: più viene invisibilizzato, maggiore è la violenza verso chi lavora. Le leggi attuali sono insufficienti perché criminalizzano la nostra attività e quindi i nostri corpi, per questo lottiamo per la totale autodeterminazione e decriminalizzazione del sex work.

Sarà una piazza “statica”, safer, nel rispetto della salute e della cura collettiva, come condiviso anche a livello di tutto il coordinamento transfemminista queer 2020 Marciona. Quindi useremo la nostra creatività per segnare lo spazio, per rendere safer la piazza, riappropriandoci in forma queer dei dispositivi di protezione individuale in modo da trasformarli in tecnologie di prevenzione e autocura collettiva.

La piazza sarà safer e attraversabile da tutt*, batterà al ritmo delle
nostre rivendicazioni e dei suoni di WoWo , RYF, Miss Schneider (Erica Jane Schneider), Favolosa Corale WannaQueer e StaMurga – Ottimista e antifascista

 

Basta razzismo, basta sfruttamento! Per la libertà di transitare tra generi e confini!

(For english version scroll below/pour la version française défiler vers le bas)

>>30M Piazza del Coordinamento Migranti (evento)

B-Side Pride si batte per la libertà di movimento e perché sia garantite a tutt*, indipendentemente dal colore della pelle e dalla nazionalità, e dallo status, riconosciuto o meno, di “vittima”. Lottiamo non solo per le libertà civili e politiche ma anche per le condizioni materiali necessarie ad esercitarlereddito,  libertà dalla violenza privata o istituzionale e accesso allo spazio pubblico e alle relazioni sociali. Per questo ci battiamo per un permesso di soggiorno europeo sganciato dal lavoro, per lo ius culturae, per la diffusione di una cultura davvero antirazzista e aperta.

La nostra posizione sul sistema attuale non può che essere di rifiuto, ma finché questo sistema sarà in piedi chiediamo almeno:
 

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