Rivolta Pride – Bologna Transfemminista

I collettivi e le associazioni LGBTQIA+ di Bologna con il nodo locale di Non Una Di Meno si fanno carico di una nuova progettualità politica e organizzano una settimana transfemminista (26 giugno-3 luglio 2021)

I due appuntamenti principali sono la manifestazione “Bologna nel 1 Luglio Transfemminista Transnazionale” e il Rivolta Pride del 3 Luglio.

Il percorso di costruzione del Pride di quest’anno sarà un percorso dal basso e orizzontale, e per permettere a tuttə di partecipare abbiamo organizzato delle assemblee pubbliche.

Il prossimo appuntamento è giovedì ai Giardini Margherita alle 19:00 il 24 giugno.

Sarà possibile partecipare a tutte le assemblee anche online, scrivendo alle nostre pagine per richiedere il link.

Chi siamo?

Siamo collettivi, associazioni, attivistə che dal 2019 hanno preso parola insieme per rispondere alla proposta di legge contro l’omotransfobia dell’Emilia Romagna: abbiamo scritto e manifestato ponendo l’accento sui reali bisogni materiali e contro gli scambi politici sui nostri corpi.

Abbiamo poi aderito alla piazza nazionale del 15 maggio e organizzato la piazza di Bologna del 16 maggio sotto lo slogan #moltopiudizan. Abbiamo preso parola a partire dalle differenze espresse dalle nostre sessualità e generi dissidenti, come persone con disabilità e siero-coinvolte.

Chiediamo molto più di Zan perché una misura repressiva non ci basta: desideriamo e abbiamo diritto all’accesso alla salute, ad un reddito di autodeterminazione e alla cittadinanza e al permesso di soggiorno svincolati dalla famiglia e dal lavoro.

Bologna nel 1 Luglio Transfemminista Transnazionale

La manifestazione si concentrerà sul ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul e coinvolgerà le piazze di tutto il mondo (appello nazionale di Non Una Di Meno)

Dopo il ritiro di Erdogan la Convenzione viene ora respinta in tutta l’Europa centro-orientale.

Ritirandosi dalla Convenzione, Erdogan vuole garantire l’impunità e la legittimità della violenza domestica e di Stato contro le donne e le persone LGBTQIA+ – che ha subito un aumento proprio durante il coprifuoco imposto dopo il ritiro dalla Convenzione –, così come le torture per mano della polizia, gli abusi sessuali e le incarcerazioni contro le donne e i bambini curdi. L’Unione Europea finge di non vedere, fintantoché il regime di Erdogan tiene i richiedenti asilo fuori dai confini europei. Da est a ovest, da nord a sud, i governi stanno sfruttando la pandemia per rimettere le donne in quelle posizioni sociali che esse stanno contestando: nelle case, a prendersi cura gratuitamente della famiglia, oppure sfruttate e sovraccaricate di lavoro nei settori essenziali.

Il Primo luglio vogliamo gridare che la lotta delle persone LGBTQI+ per la libertà sessuale e contro la loro criminalizzazione, e quella contro la violenza patriarcale sulle donne, costituiscono una lotta transnazionale comune per la sovversione della riproduzione neoliberale e razzista della società patriarcale.”

 

RIVOLTA PRIDE 3 LUGLIO

Il 3 Luglio sarà un Pride di Rivolta, contro la violenza sistemica e la reazione catto-femonazionalista che sta rallentando il dibattito sui diritti sociali, civili ed economici della comunità LGBTQIA+ e di tutte le altre realtà marginalizzate soggette a discriminazione.

Ci siamo unitə in un periodo cruciale. Quest’anno abbiamo assistito ad una recrudescenza della violenza nei confronti della nostra comunità, il che richiede una presa di parola ancora più forte.

Vogliamo:

– Molto più del ddl Zan!

– Educazione al genere, alla sessualità e all’affettività in tutte le scuole: basta con lo spauracchio dell’ideologia gender. Vogliamo la possibilità di accedere alla carriera alias in tutti i percorsi formativi.

– Chiediamo che l’universalità nell’accesso alla salute sia accompagnata dall’universalità nella fruizione per persone Sieropositive, per le persone disabili, per le donne, per le persone trans e per le lesbiche. Vogliamo un superamento della legge 164/1982 sulla base del principio di autodeterminazione e del modello del consenso informato, non tolleriamo più la psichiatrizzazione e patologizzazione delle nostre identità, come persone trans rifiutiamo la diagnosi di una patologia inesistente e il passaggio di validazione delle nostre vite in un tribunale.

Chiediamo l’accesso alla PreP su tutto il territorio nazionale e la completa gratuità. Rifiutiamo l’abbandono della prevenzione e cura dell’HIV e delle Malattie Sessualmente Trasmissibili, gli ostacoli all’accesso all’aborto e alla genitorialità queer, l’eterosessualità come unico orizzonte narrativo quando abbiamo bisogno di ginecologə, andrologə o qualsiasi specialista; abbandoniamo la relazione gerarchica medico-paziente per promuovere sapere diffuso sulla nostra salute: sono decenni che accumuliamo competenze tra le lacune della medicina ufficiale.

– Reddito di autodeterminazione: l’emancipazione economica è fondamentale per tuttə, soprattutto per le soggettività più marginalizzate in questa società patriarcale. Non è possibile fuoriuscire da situazioni di violenza se si è tenutə in condizioni di povertà.

– Centri antiviolenza gestiti dalla comunità di riferimento delle persone che subiscono violenza, percorsi di fuoriuscita anche per minori discriminati per la loro identità di genere o per la loro sessualità.

– Permessi di soggiorno slegati dal lavoro e dalla famiglia, reali e diffusi, servizi per persone LGBTQIA+ rifugiatə e accesso alla cittadinanza.

– Vogliamo contrastare ogni forma di Pinkwashing insieme alla comunità LGBTQIA+ Palestinese!

– Auto-rappresentarci: vogliamo spazio e ascolto. Siamo stanchə di sentirci parlare addosso e di vedere le nostre voci sovrastate da persone eterocisgender! Lottiamo per costruire ambienti liberi dalla cultura dello stupro, dal machismo, dall’abilismo, dal razzismo, dall’odio per le persone lgbtqia+. Ora più che mai abbiamo bisogno di nuovi spazi transfemministi in città in cui praticare accoglienza, scambio e mutualismo.

Ci vogliamo vivə, ci vogliamo liberə e autodeterminatə e vogliamo gridarlo tuttə insieme con un Pride politico e radicale!

 

Elenco realtà in ordine alfabetico:

Agedo Bologna

Aps Gruppo Trans

B-side pride

Cassero lgbti+ center

Collettiva Mastutake

Comitato Bologna pride

Elastico fa/ART

Famiglie Arcobaleno Emilia Romagna

Frame Bologna

Il barattolo

Il grande colibrì

Komos coro gay di Bologna

La Mala Educación

Laboratorio Smascheramenti

Lesbiche Bologna

Mit

Mujeres Libres

Non una di meno Bologna

Ombre Rosse

Plus Bologna

Red Bologna

Uaar Bologna

Unilgbt

Appello da Queer Palestinesi: No al Pinkwashing dei crimini Israeliani!

Queer Palestinesi esortiamo lə Queer Globali a sostenerci!

Chiamata alla solidarietà

No al Pinkwashing dei crimini Israeliani!

Palestinian Queers Call on Global Queers to Stand With Us
Appello di ASWAT

Mentre le persone queer e LGBTQIA+ nel mondo celebrano la Giornata Internazionale contro l’Omofobia e la Transfobia (IDAHOT) e le parate Pride, noi queer palestinesi stiamo vivendo uno stato d’orrore. Le forze militari di polizia dell’Apartheid israeliano ci stanno attaccando con lacrimogeni e granate assordanti, stanno dando la caccia e arrestando le/i nostrə attivistə mentre marciamo protestando pacificamente. Contro che cosa protestiamo? Contro i massacri a Gaza ad opera di Israele; contro le sue atrocità, i suoi espropri e pulizia etnica a Gerusalemme; nella Valle del Giordano, a Galilee, Naqab (Negev) e nella West Bank; e contro il suo supporto agli attacchi razzisti dell’estrema destra alle Comunità Indigene Palestinesi ovunque, che siano queer o etero.

Le testimonianze de* Palestinesi queer che vivono all’interno dell’attuale Israele raccontano con precisione con quanta brutalità le forze di polizia israeliane pesantemente militarizzate reprimono le manifestazioni in solidarietà a Sheikh Jarrah, un quartiere palestinese occupato a Gerusalemme Est, dove 4 famiglie sono costrette a lasciare le proprie case per lasciare spazio alla colonizzazione dei coloni Ebrei-Israeliani.

Ghadir al Shafie, co-fondatrice di Aswat, riporta così la testimonianza di suo figlio che ha partecipato a una manifestazione pacifica nella loro città natale Akka: “Alcuni giorni fa, mentre stavo tornando a casa da una manifestazione vicino a Yaffa, mio ​​figlio Jude, che ha 17 anni, mi ha chiamata. Gridava, potevo quasi sentire il suo cuore battere forte: “Mamma, la polizia ci insegue con lacrimogeni e granate assordanti; sono brutali. Si stanno avvicinando a noi”. Ero in uno stato di shock totale, spaventata per la vita di mio figlio.

Altre testimonianze di attivistə queer che hanno partecipato a marce pacifiche rivelano una brutalità e una repressione della polizia senza precedenti contro i palestinesi. “Ci stavamo organizzando per iniziare la manifestazione ad Haifa quando abbiamo sentito granate assordanti seguite da un’intensa ondata di lacrimogeni. Ricordo di aver guardato il cielo ed era tutto pieno di nuvole di fumo. Abbiamo iniziato a correre verso alleatə vicinə per poi venire attaccatə da folle armate ebreo-israeliane di estrema destra che cantavano “Morte agli arabi”. È stato orribile! “

Sorelle e fratelli, oggi lottiamo per i diritti queer come parte dei nostri diritti politici, sociali e umani. La nostra lotta per i diritti queer è anche intersezionalmente connessa alle lotte mondiali per i diritti delle persone Indigene, i diritti delle donne, le vite delle persone di colore, le vite delle persone nere e per i diritti climatici. Chiediamo ai gruppi e allu attivistə queer e LGBTQIA + di sostenere le/i palestinesi, boicottando, come minimo, gli eventi del pinkwashing israeliano, come il Tel Aviv Pride, il Tel Aviv Film Festival o qualsiasi attività simile.

Come nella lotta contro l’apartheid in Sudafrica, chiediamo la vostra solidarietà, e la forma più efficace di solidarietà con la nostra lotta di liberazione è rifiutarsi di nascondere, Pinkwash o normalizzare i nostri oppressori e le istituzioni e attività che sono parte integrante del loro sistema di occupazione, colonizzazione e apartheid.

Il coraggio che il mondo intero sta riconoscendo alle/ai palestinesi di tutta la Palestina storica, ispira una coraggiosa solidarietà in tutto il mondo. Le/i palestinesi, compresə le/i queer, hanno bisogno della tua significativa solidarietà per aiutarci a porre fine ai 73 anni di brutale oppressione di Israele.

RISORSE UTILI:

ASWAT Call for Solidarity Testo Originale

Qui il sito di ASWAT Palestine (Centro Femminista Palestinese per le Libertà Sessuali e di Genere)

Pagina facebook di ASWAT

Beyond Propaganda: Pinkwashing as Colonial Violence da alQaws

Iniziative passate a Bologna contro il PinkWashing a cura del Laboratorio Smaschieramenti

#Moltopiùdizan a Bologna 10 e 16 Maggio 2021

 
Sentiamo il bisogno di incontrarci per costruire quel #moltodipiù che vogliamo dalla Legge Zan. Il 15 maggio saremo a Roma Ci vediamo in Piazza Per la Legge Zan e molto di più
e il 16 maggio a Bologna per ribadire non solo che questa legge va approvata, ma che non accetteremo giochi a ribasso e strumentali sui nostri corpi froci, lesbici, trans, bi, A, queer+, sierocoinvolt* e razzializzat*. 
Senza fare un passo indietro, andiamo avanti nel nostro percorso di confronto e posizionamento sulla Legge Zan, in vista di una sua approvazione e #moltopiù in là di questa. Rilanciamo, quindi, due appuntamenti:
    oggi lunedì 10 maggio ore 18.30 negli spazi esterni del Cassero (la modalità mista sarà garantita, scrivici per ricevere il link meet), assemblea per discutere di cosa significa per noi quel #moltodipiù che esigiamo quando parliamo di Legge Zan;
    – domenica 16 maggio ore 15.30, ci vediamo in piazza a sostegno e in continuità con la piazza di Roma del giorno prima, per ribadire che pretendiamo #Zanemoltodipiù.
Affermiano il bisogno di autodeterminare le nostre vite, di esprimere liberamente le nostre identità non conformi attraverso e ben oltre le istituzioni, i loro discorsi (etero)normativi e i loro dispositivi legali e criminalizzanti.
Una legge non ci basta: non chiediamo protezione dalla violenza della destra omotransfobica e cattofascista a costo di ulteriore disciplinamento e sfruttamento, ma vogliamo costruire spazi di autonomia e orgoglio transfemministaqueer, in cui essere davvero protagoniste di un cambiamento radicale. 
Contrasteremo con i nostri corpi i discorsi d’odio di cui siamo bersaglio in questi mesi da parte delle forze conservatrici. Ci riprenderemo il microfono perché nessun* può appropriarsi delle nostre battaglie.
La rete cittadina LGBTQIA+

SPIAZZAT*

Nelle puntate precedenti…

Abbiamo inaugurato il percorso di SPIAZZAT* sabato 27 marzo 2021 chiedendoci: come stiamo nello spazio?

come stiamo nello spazio?

Ci siamo interrogat* collettivamente sulla ???????????????????????????????? ???????????? ???????????????????????????????? ???????????????????? ????????????????????????????????????̀ ????????????’???????????????????? ????????????????????, ???????????????????? ???????????????????????????????? ???????? ???????????????????? ???????????????????? ???????????? ????????????????????????????????????????, ???????????????? ???????????????????????????????? ???????? ???????????????????????????????????????????? ???????????? ???????????????????????????? ???????????????????????????????????? ???????????????? ???????????????????????????? ???????????????????????????????????????????????????? ???? ????????????????????????. Abbiamo discusso a partire dai limiti oggettivi e soggettivi, dalle paure e dai bisogni e desideri di lotta comune, di sapere collettivo, di salute e cura. Dalla necessità collettiva imprescindibile di ri-incontrarci e di ri-tornare a prenderci lo spazio, dopo tanto tempo in cui anche solo questa possibilità sembrava lontanissima, abbiamo immaginato forme di mobilitazione, di attraversamento dello spazio pubblico e di socialità.
I NOSTRI CORPI CONTANO!
nel momento in cui sembrava lontanissima la possibilità di rivedersi in presenza e il bisogno di socialità era ormai imprescindibile.

Il 10 aprile 2021 abbiamo organizzato SPIAZZAT*: CORPI CHE CONTANO. Abbiamo discusso di come questa nuova normalità di strade vuote e isolamento renda i nostri corpi vulnerabili ad attacchi transfobici, ad aggressioni misogine, al razzismo. Lo avevamo detto: non vogliamo tornare alla normalità perché la normalità è un problema.
Siamo consapevoli della difficoltà nel tornare a riprenderci, vivere, attraversare lo spazio, soprattutto dopo un anno di pandemia (sindemia). Siamo spiazzat*: vogliamo continuare a condividere le nostre frustrazioni, la nostra rabbia e la voglia di cambiare tutto, ancora una volta.
Abbiamo pensato a forme di risignificazione degli spazi pubblici da implementare: frocizzare i luoghi che viviamo con la nostra presenza, tramite momenti di socialità (ampia), lasciando segni evidenti e caratterizzanti, camminare (spostarsi) assieme nello spazio per non essere sol@.

Ritorna SPIAZZAT* RABBIA IN MOVIMENTO
8 maggio 2021 dalle 16:00 al Parco della Zucca

Discuteremo di #moltopiudiZan
e di #Pride.

The time has come!

Report tavolo Consenso e Covid (assemblea nazioAnale 2020)

Il 7 e 8 novembre 2020 la rete nazioanale tfq, nata nel contesto di Marciona2020 durante la prima fase pandemica, ha deciso di convocarsi come rete dopo l’esperienza del Coordinamento Pride tfq della scorsa estate, che ha costituito l’avvio di un percorso politico collettivo transterritoriale nazioanale attraversato da singol*, realtà organizzate, collettivi e altre reti territoriali.

Le questioni toccate in diversi tavoli tematici durante la giornata del sabato sono state molte, dalla scuola alla salute alle iniziative di mutualismo sperimentate dall’inizio della pandemia e che vogliamo circolino e vengano messe in rete.

Le assemblee dei tavoli sono sempre convocate nella lista generale per assicurare che tutt* sappiano della riunione e possano partecipare, oltre che per evitare che si creino tanti gruppi non coordinati che lavorano sulle stesse cose. Per le stesse ragioni, la proposta di creare un nuovo tavolo, ulteriore rispetto a quelli creati nell’ultima assemblea generale, va fatta in lista. Mescoliamoci! Conosciamoci meglio! Evitiamo che a lavorare su una certa iniziativa siano sempre le stesse persone che già si conoscono e se ne occupano da tempo: facciamo circolare i saperi nella rete!

Sottotavolo Consenso e Covid

Il sottotavolo consenso e covid é partito dalla necessità di iniziare una riflessione transfemminista ed antiabilista sul consenso e l’autonomia dei corpi a partire dalla tutela collettiva ed individuale rispetto al rischio del contagio. Le riflessioni già scaturite riguardano la necessità di estendere le pratiche ed i saperi che già riguardano il mondo del safer sex e del consenso alla dimensione più ampia che il covid ha messo in evidenza, così come di partire dalla situazione pandemica attuale per ripensare, ad esempio, le nostre modalità assembleari e la loro accessibilità, in un’ottica antiabilista

REPORT

Consenso e COVID, dispositivi di sicurezza, vulnerabilità, abilismo

Si è partite dalla necessità di iniziare una riflessione transfemminista ed antiabilista sul consenso e l’autonomia dei corpi a partire dalla tutela collettiva ed individuale rispetto al rischio del contagio. 

Le domande da cui siamo partitu erano:

  1. Che momenti di impasse, difficoltà ed imbarazzo associamo alle richieste di usare i dispositivi di sicurezza, di (magari) evitare inviti a casa di amiche&compagnu, di non condividere una birra ed una canna…? Perchè le richieste di autotutela e di limiti corporali sono ancora così difficili da affermare? [Esempio: Un gruppo si incontra. Tuttu abbassano la mascherina per salutarsi e parlare, per far girare una birra, tu no. Ti senti “debole” o “paranoica”? La abbassi anche tu? Chiedi alle altre di rialzarla? Perchè o perchè no?]
  2. Che modalità di esplicitazione del consenso potrebbero ovviare alle situazioni in cui chi è vulnerabile deve fare una sorta di “coming out” e richiedere misure di sicurezza?
  3. Come possiamo riappropriarci dei dispositivi di sicurezza e della cura collettiva, staccandola dal paradigma della repressione?
  4. Come tradurre in contesto covid pratichè già in atto nei contesti di safer sex? (Negoziazioni, esplicitazioni delle proprie pratiche ed esposizione al rischio) Promiscuità, sessualità, scopamicizia, come fare safer sex ai tempi covid? [Colpevolezza ed innocenza connesse al contagio (e stigma sociale, annunciare contatti etc)]
  5. Come tuteliamo la vulnerabilità (mentale: ansia, paure, timori & fisica: malattie autoimmuni, disabilità visibili ed invisibili, etc) senza mettere sempre come implicito che una persona sia forte ed in salute, fino a prova contraria? Fragilità e legittimità della fragilità (es: avere paura di un contagio per cause di asma è più legittimo che per cause di “ansia”?)
  6. Come decostruire i paradigmi abilisti e capitalisti che ci vogliono produttive, sempre in salute, e che ci fanno sentire meno valorose, meno sociabili, meno di compagnia, meno “leggere” quando esplicitiamo le nostre vulnerabilità?

Report assemblea:

Prima parte della discussione: cose che già sappiamo del consenso e dell’intimità ci aiutano a navigare il consenso in epoca covid

  • Mancanza di una conversazione collettiva, mancanza di organizzazione per creare safe spaces ed avere atteggiamenti di protezione verso se stesse-altre persone. Anzi, molta ostilità verso chi pone limiti e ci si vede costrettu a usare scuse del tipo “no, non ho ancora visto mia madre”, o altre strategie paradossali per far rispettare i propri limiti. Anche difficile codificare la cura verso l’altro a volte con un rispetto della lontananza, soprattutto in ambienti come i nostri in cui siamo abituatu a costruire reti ed offrire supporti (ma in un momento come questo cura può voler anche dire rispettare le distanze che tu mi imponi).
  • Confidenza, intimità e percezione del rischio che si abbassa: l’assunto è che se c’è confidenza si tende ad abbassare le difese (come nel caso del sesso e uso preservativo). Ma fa parte dello stare vicini: accollarsi una parte in più di rischio. Perchè le relazioni mettono in discussione l’equilibrio che tu hai stando da sola, sono minacciose in qualche modo.
  • Categorizzazione rapida delle persone come più o meno contagiose durante il momento dell’incontro o del saluto: Durante il saluto manca il tempo della negoziazione e del consenso quando ci si saluta, situazione che crea imbarazzo. A volte un rifiuto della vicinanza durante il saluto può essere sentito come un rigetto, accade una sorta di scansione e categorizzazione della persone come più o meno a rischio, più o meno infetta, anche secondo criteri assurdi tipo provenienza regionale. Ma volte nel momento del saluto la volontà di proteggere viene percepita come volontà di volersi proteggere. Ci si sente rifiutati ma non viene introiettato il fatto che non è che io mi voglio proteggere ma io voglio proteggere te…
  • …Questo è legato a un fattore di vulnerabilità che è un prodotto politico e che passa dai nostri corpi. La gerarchia delle vulnerabilità è basata su privilegio che spesso non è consapevole e quindi questa vulnerabilità non entra nella discussione esplicita della consensualità. Tutto questo va a rinforzare discriminazione sociale, anche su linee di…
  • …Discrimine di classe ed etnia e privilegio, ovvero a volte questa categorizzazione di chi può essere più “contagioso” o meno ha anche a che fare col privilegio, ovvero: chi lavora in sicurezza in ufficio o in smart working è naturalmente sia meno espostu al rischio che percepitu come meno contagiosu. Esposizione al virus è mediata dalla classe, cosa che può generare conflitti ed incomprensioni politiche. Percezioni molto diverse tra chi era costretta ad andare fuori e chi doveva stare a casa.
  • Parallelismo MTS e covid a livello sia di contagio che negoziazione del consenso, come ad esempio avviene già in relazioni non monogame (esempio poly: in relazioni “a catena” vedere amici a rischio implica tutt i partecipanti al polycule, ma forse l’ultima persona meno connessa non si sente veramente a proprio agio a dare il consenso liberamente. Dilemma di decidere un livello di rischio che va ad avere un impatto su tutte le persone coinvolte.)
  • Parallelismo HIV e covid anche come tipo di attivismo, ovvero: possibili lotte per accesso alla salute… non solo io tutelo me stessu e mi isolo, ma lotte collettive perchè tuttu possano lavorare in sicurezza ed avere condizioni safer. Ci sono dimensioni collettive da sollevare per rivendicare accesso alla salute per tutte. E anche riuscire a ragionare in termini di quali pratiche condividiamo.

La responsabilità del contagio non è solo del singolo o della collettività ma di chi ha mal gestito le risorse economiche pubbliche devalorizzando il sistema sanitario. Fare attivismo ora significa combattere per accesso alla salute pubblica e gratuita, tenendo conto delle specifiche fasce di vulnerabilità.

  • Approccio “safer” di riduzione del rischio, ripreso dal safer sex ma non solo. Ridurre il rischio vuol dire per forze agire una serie di inclusioni ed esclusioni che non tengono solo conto della salute come contagio covid ma anche di salute mentale, affettività etc. La salute non è solo rispetto al covid ma ha varie sfere. Pubblicamente si è parlato troppo poco di come poter (o no) avere dei rapporti sessoaffettivi diversi da quello che possono avere due persone che abitano nella stessa casa. Viviamo dei bisogni e delle situazioni di contraddizione: da un parte potenziale liberatorio (anche politico) del sesso, dall’altra il fatto che non tutti questi bisogni non possono essere soddisfatti (anche per il bene di altre persone con cui siamo in intimità).
  • Promiscuità ed “altre intimità”: condividiamo pratiche sociali e sessuali che spesso travalicano norme di sicurezza comuni. es: interi gruppi di amicizie con cui pomiciamo senza pensarci troppo… cosa abbastanza fondante come cosa che definisce il mio tipo di socialità con le persone con cui passo il tempo e faccio politica. Relazioni miste tra sesso ed affetto, non abbiamo parole per descrivere le relazioni che intratteniamo. Non siamo congiunti, noi viviamo un altro tipo di relazione, che è quello che ci fa stare bene dal punto di vista della salute mentale. Idea del mutualismo e di supportarci come rete di realzioni. A un certo punto nonostante il rischio di un contagio c’è una necessità dal punto di vista della salute mentale di aprirsi, non si può non avere relazioni.
  • Stigma associato a prendere il virus nel modo “sbagliato”. Dato che non è ancora chiaro in quali situazioni sia veramente il rischio di contagio più alto che in altre non abbiamo la vera misura del rischio che corriamo. Se io prendo il virus scopando con uno o due persone mi sento più in colpa perchè lo faccio facendo un’attività “sbagliatissima” su molti livelli sociali, perchè è un’attività stigmatizzata la cui necessità non viene mai associata alla salute mentale.

Seconda parte della discussione: nuove sfide che riguardano il consenso in epoca covid possono aiutarci a ripensare il consenso in generale, es: necessità di decostruire assunti abilisti nelle nostre assemblee.

  • Di chi è la responsabilità di fare “coming out” come persona vulnerabile rispetto al rischio contagio (per motivi di salute fisica o mentale), ad esempio quando una persona nuova entra in un’assemblea? Che pratiche? Parallelismo con abilismo e persone non neurotipiche con altre esigenze.

Modalità 1: incoraggiare assertività. Arriva una persona nuova, si fa accoglienza, oltre alle presentazioni. La società tende ad essere abilista e colpevolizzante verso chiunque ha una condizione patologizzata, quindi ci sta fare un passaggio in cui si invita ad essere assertivi (per quanto chiaramente non ci si potrà mai sostituire alla volontà del singolo di esporsi). Bisogna decostruire abilismo per cui si svaluta chi non è prestante in qualche modo (salutte, droga o alcol, sessualità). Anche in questo contesto Covid bisognerebbe resettare tutto e incoraggiare assertività e far passare il concetto che avere un disagio o una sensibilità di un certo tipo non è una sfiga nè una cosa per cui ti devi sentire inferiore agli altri. A volte ci si dimentica di creare lo spazio concreto per questa accoglienza.

Modalità 2: Cambiare le modalità assembleari, renderne esplicita la malleabilità. Per tutelare tuttx sarebbe da partire da zero e rinegoziare sempre i paramentri per capire come muoversi e come comportarsi. Effettivamente possiamo chiedere i pronomi o una safe word, ma forse dobbiamo ragionare al contrario, trovando un modo dell’assemblea di chiarire se stessa, e di chiarirei che alcuni atteggiamenti che l’assemblea ha sono modificabili e malleabili, creare protocollo assembleare morbido ed agnostico rispetto alle persone che entrano: comunicare che all’interno dell’asse c’è questo tentativo in corso di automonitorarsi constatandone comunque i limiti.

Mediazione di pratiche che vengono dal mondo bdsm: limiti e safeword come metodi espliciti di comunicare consenso. Ma hanno i loro limiti, per cui quando io vedo che la mia partner mi esprime anche non verbalmente qualunque cosa che mi fa pensare possa esserci un problema io faccio un check in, non aspetto la safeword per interrompere. In modo simile, in un’assemblea le persone possono tenersi d’occhio, ci deve essere attenzione in comportamenti e reazioni delle altre persone, un ambiente che faciliti sia comunicazione diretta che l’essere comunque in grado cmq di cogliere dei segnali. Avere sempre in mente che i nostri limiti e quello che consideriamo rischio accettabile può cambiare, anche nell’arco di poco tempo. Il problema è che l’espressione di disagio e del limite non sono uguali per tuttu, soprattutto nel caso di persone neurodivergenti. Se non c’è educazione sul modo in cui, per questi gruppi di persone, il disagio viene espresso, è molto facile ignorarlo.

Punti extra dalla plenaria:

Necessità di linee guida per acccessibilità assemblee e di indagare le criticità specifiche delle modalità offline-online-miste sulla linea dell’abilismo. Online può essere escludente (per accesso a mezzi tecnologici, ansia, ambiete domestico non safe da dove non si può parlare liberamente) ma anche più accessibile (possibilità di invitare interprete LIS anche se non presente nelle propria zona o città, ad esempio, o accessibile per chi in provincia).

https://prepster.info/covid-and-sex/

esiste prep in italia che segue l’esempio di prepster. sta facendo un sostengo online per chi vorrebbe prendere la prep in questo periodo.

© Shonagh Rae

SPIAZZAT* come stiamo nello spazio? 27 marzo Parco della Zucca

????BSide Pride invita a partecipare a un evento all’aperto per ri-discutere di ????????????????????????????????, ???????? ???????????????????? ???????? ???????????????????????? ???????????????????????????????????????? ???????????????????? ???????????????????????? ???????????????????????????????? ???????? ???????????????????? ???????????????????? ????????????????????????????????.
Sentiamo la necessità di ripartire da qui, per ???????????????????????????????????????????? ????????????????????????????????̀ ???????????????????? ???????? ???????????????????? ???????????????????????????? ???? ???????????? ????’????????????????????????????????????????????????????????????????????.
✊Ci sarebbero molte questioni prioritarie in questo momento: ????????????????????????????????????????, ????????????????????????, ???????????????????? ???????????????? ???????????????????????????????? ???????? ???? ???????????? ???????????????????????? ???? ????????????????????????????????????̀ ???????? ????????????????????.
????Proponiamo di riprendere le fila, un passo per volta, a partire ???????????????????? ???????????????????????????????? ???????????? ???????????????????????????????? ???????????????????? ????????????????????????????????????̀ ????????????’???????????????????? ????????????????????, ???????????????????? ???????????????????????????????? ???????? ???????????????????? ???????????????????? ???????????? ????????????????????????????????????????, ???????????????????? ???????????????????????????????? ???????? ???????????????????????????????????????????? ???????????? ???????????????????????????? ???????????????????????????????????? ???????????????? ???????????????????????????? ???????????????????????????????????????????????????? ???? ????????????????????????.
Parliamo insieme a partire dai limiti oggettivi e soggettivi, dalle paure e dai bisogni e desideri di lotta comune, di sapere collettivo e di salute.
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come stiamo nello spazio? Evento in presenza!

Sciopero dai generi: per un 8M transfemminista queer

Sciopero dai generi: per un 8M transfemminista queer

Il Documento della Rete NazioAnale TFQ

(mail: contactfq@inventati.org)

Da anni i movimenti transfemministi hanno portato alla luce la questione dello Sciopero dai generi. Questa formulazione ci sembra efficace poiché affronta diversi livelli di sfruttamento/esclusione/marginalizzazione.

Perché?

Perché vogliamo combattere contro l’imposizione binaristica dei generi, maschile e femminile, con tutti i ruoli annessi, asimmetrici e discriminatori. Vogliamo essere liber* di autodeterminare la nostra identità di genere, la nostra sessualità, i nostri corpi e desideri senza imposizioni, strutture o violenza medica e psichiatrica!

Con le nostre stesse esperienze di vita scardiniamo questo binario “M o F”, ci rifiutiamo di percorrerlo e contribuiamo alla liberazione di tuttu dalle imposizioni e dalle condizioni di minorità a cui tuttu siamo sottopost*, in modi diversi e intersezionali. La nostra lotta è contro l’eterocispatriarcato, è ribaltamento dalla norma cisgender che questo sistema continua ad imporre in una perpetua pratica di riproduzione del capitalismo e dello sfruttamento sulla linea del genere e della razzializzazione.

Dal punto di vista del lavoro riproduttivo e produttivo anche noi partecipiamo al fenomeno della femminilizzazione: sul lavoro (precario/sfruttato/malamente salariato) viviamo la sussunzione e strumentalizzazione capitalista dell’identità queer. Vediamo come sempre di più una serie di caratteristiche e stereotipi che ci riguardano vengano messe al lavoro. Le grandi multinazionali si vantano delle iniziative di inclusività e “diversity management”, utilizzando l’immagine dell'”apertura alle persone LGBTQIA+” per aumentare i propri guadagni, guadagni che poi non sono redistribuiti attraverso il reddito. Lanciano poi campagne di sensibilizzazione che spesso ci restituiscono immagini altrettanto stereotipate di noi stessu, cioè ci riducono all’immagine simbolo della “coppia gay unita civilmente” che lavora e alla “normalità”, decretando l’ennesima mistificazione ed esclusione delle persone trans, delle lesbiche e delle frocie. Tutto questo è aggravato dalla corsa ad ostacoli per ottenere i “pezzi di carta” indispensabili per accedere a lavoro e servizi: permessi di soggiorno, status di rifugiatu, una carta di identità con il nome e il “sesso” che scegliamo, una tessera sanitaria o un certificato di licenza media/elementare/diploma/laurea.

Svolgiamo inoltre lavoro riproduttivo gratuito quando siamo costrettu al sorriso, al trucco e parrucco, quando subiamo molestie o micro-violenze, quando finiamo per diventare le/i/* confidenti delle/dei colleghi eterocis che ci considerano figure “neutre” nei luoghi di lavoro, quando siamo fortunat*! Quando il lavoro di cura ce lo facciamo pagare come sexworker, veniamo criminalizzat* e stigmatizzat*, noi diciamo basta: #strikefordecrim! – il lavoro sessuale è lavoro, scioperare per decriminalizzare!

Come soggettività femminilizzate siamo impegnat* a decostruire gli stereotipi che riguardano la “cura”. Questo livello è fondamentale proprio oggi, durante l’emergenza pandemica. Perciò lo sciopero dai generi significa anche scioperare, da un lato, dalla visione proposta dalle istituzioni di gestione della cura nel contesto pandemico come verticale, paternalistica e, dall’altro lato, dalla “cura” naturalizzata come “caratteristica femminile”, quindi ancora in modo stereotipato, come accudimento remissivo, per affermare che cura è anche conflitto! Riteniamo fondamentale quindi dare valore alle nostre analisi e pratiche di prevenzione e autogestione della salute che recuperiamo dalle consultorie e dall’attivismo impegnato nella lotta all’HIV/AIDS.

La nostra lotta contro il binarismo del genere riguarda anche l’idea di scuola. Non riconoscere la dimensione della riproduzione sociale tra le funzioni della scuola, concentrandosi sulle funzioni di “servizio”, non permette di comprendere come l’alternativa alla scuola resti esclusivamente la famiglia, una delle istituzioni che da sempre riconosciamo come sede della violenza di e del genere. La visione della scuola come mero welfare è pericolosa perché finisce per considerare la scuola come erogatrice di un “servizio” e le “famiglie” e studenti come “utenti”. Una visione del genere è molto vicina a quella dei comitati NOGENDER, che ritengono sia diritto dei genitori influire sull’offerta didattica, in particolare per ostacolare e sabotare qualsiasi progetto di educazione alla sessualità, affettività, e genere. Allo stesso tempo la visione della scuola come didattica pura dimentica la dimensione del lavoro riproduttivo o di cura (lavoro affettivo, relazionale) pagato che in essa si svolge, come se questo avesse meno dignità del lavoro didattico-educativo. È questa visione che porta ad illudersi che anche la DAD sia scuola, mentre non è altro che una nuova incarnazione delle multinazionali, che trasformano l’educazione in mera informazione. Il nostro sciopero dai generi coinvolge la dimensione scolastica perché vogliamo negare la riproduzione sociale istituzionale dell’etoronorma sulla base del genere, della classe, dell’abilità, della razzializzazione.

Abbiamo bisogno e desiderio di socialità frocia, a fronte del confinamento in case troppo spesso luoghi di violenza misogina e omolesbobitransfobica. Lo sciopero dai generi è quotidiano e per organizzarci vogliamo spazi: consultorie, case rifugio, centri culturali, luoghi dove dare vita a forme di mutualismo, parentele altre e una socialità lontana dalle logiche di mercato e dalle forme di controllo. Invece i nostri spazi continuano a chiudere, a causa della crisi e ancora di più a causa della repressione, spacciate per austerità e senso del decoro, che molt* compagn* stanno pagando a caro prezzo. Per questo invitiamo a partecipare ai crowdfunding organizzati per sostenere le spese legali degli spazi transfemministi e femministi, luoghi essenziali per il contrasto alla violenza sistemica.

Lo sciopero è essenziale mentre il genere come dispositivo di controllo sociale, economico, politico e culturale… NO! Ci uniamo all’8 Marzo transfrontaliero con la forza della dissidenza sessuale, perché la rivoluzione sarà transfemminista o non sarà!

Lo sciopero è essenziale… i generi no! Sciopero dai generi verso l’8M

Piazza dell’Unità a Bologna Domenica 28.02.2021 dalle 14:00
????Il capitalismo realizza profitto sui nostri sorrisi, sui nostri culi, sulle nostre paillettes? L’8 marzo scioperiamo!????
????h. 14 Parliamo di spazi: dopo Atlantide e Consultoria TFQ, la Mala Consilia, Elastico, Laboratorio L’Isola, non si contano gli spazi transfemministi che ci sono stati tolti, ma non va meglio in altre città. Condividiamo prospettive di lotta con MagniFica di Firenze, Lucha y Siesta di Roma, Limonaia Zona Rosa di Pisa.
????h. 15 Organizziamo lo sciopero dei/dai generi: l’8 marzo è tutti i giorni, rendiamo visibili le esperienze che non vogliono più riprodurre i generi binari imposti e che si sottraggono allo sfruttamento differenziale di tutti i generi.
????Banchetti+ distro!
Distribuiamo saperi indipendenti, risorse e pratiche di mutualismo con: Pane, Pailettes e Connessione di B -side Pride; Non Una di meno, OUTLAWS, Indecoradio, Lab Smaschieramenti, Mujeres Libres, Ombre Rosse, MIT Movimento Identità Trans (+ upcoming!)
????Centri raccolta Mutualismo: porta computer e cellulari dismessi per la redistribuzione PPC! Raccoglieremo danari in sostegno alle donne trans rinchiuse nel carcere di Reggio Emilia (iniziativa del MIT)
????????????Siamo froce, trans, migranti, puttane, lesbiche, femministe e transfemministe furiose, precarie, terrone e domenica 28 febbraio vogliamo incontrarci in Piazza dell’Unità dalle h.14 per pensare, discutere, organizzare assieme lo sciopero dai generi dell’8 marzo e per affermare la necessità collettiva di spazi femministi e transfemministi per organizzare le lotte e il mutualismo queer ????????????
????️ A un anno dall’inizio della pandemia ci troviamo ancora obbligate a produrre e riprodurre il nostro genere secondo un modello binario, eteronormato e patriarcale, perché sia accettabile socialmente in un sistema in cui uscire dalle norme del “maschile” o del “femminile” ci riduce alla marginalizzazione sociale ed economica. Ancor di più quando sui nostri corpi si riversa lo stigma per il colore della pelle, per la nostra provenienza, per il nostro aspetto, per il nostro stato sierologico, per il tipo di lavoro che svogliamo, per il tipo di “diversità” che rappresentiamo. Ci si aspetta che tutto questo lavoro sia gratuito, spontaneo e piacevole in quanto espressione “naturale” della nostra personalità, ma non è così.
La realtà è che queste norme invisibilizzano e naturalizzano le violenze e lo sfruttamento che subiamo come frocie, come donne, come trans* e non binarie. Con questa crisi, la crescente precarietà, la mancanza di reddito, l’impossibilità di gestire il nostro tempo ci espongono ancora di più alla violenza di/del genere, impedendoci di autodeterminarci e di ribellarci ai modelli di vita imposti
La condizione pandemica, e le restrizioni che ha comportato, hanno peggiorato ulteriormente e reso più visibili le condizioni materiali di vita delle persone queer e delle donne, a Bologna come in tanti altri posti molti spazi di socialità e autorganizzazione transfemministi sono stati costretti a chiudere o sono stati invasi dalle forze del (dis)ordine, come nel gravissimo caso di identificazione delle donne del centro antiviolenza di Lucha Y Siesta.
Siamo consapevoli della sensibilità di questo momento di pandemia ed allo stesso tempo sappiamo che la violenza di genere e la violenza maschile sulle donne non sono un’eccezione o un’emergenza del momento, ma il prodotto del patriarcato che ha una storia millenaria.
⚧️Lo sciopero riguarda ogni soggettività in modo diverso: il binarismo e la violenza sistemica agiscono sulle persone trans e intersex ad ogni livello dell’esistenza, nei percorsi di migrazione, nella ricerca di un lavoro e di risorse materiali per la propria autodeterminazione, nella medicalizzazione o psichiatrizzazione forzata; agiscono sulle donne che vedono ancora naturalizzato il lavoro riproduttivo e di cura, che lavorano in regime di sfruttamento o gratuitamente e che sono costrette a lasciare il lavoro, in una società che le disegna come madri naturali e che poi le costringe a licenziarsi per avere la possibilità di vedere lu figliu; agiscono sulle e sui sexworker criminalizzat* che si trovano in uno stato di esclusione da ogni forma di aiuto istituzionale, con ricadute ancor più gravi durante la pandemia; agiscono sulle soggettività gay e lesbiche che subiscono le politiche di diversity management, che vivono ancora la violenza omolesbobitransfobica in un contesto culturale e politico che nulla fa per contrastarla, agiscono sulle maschilità e femminilità non egemoniche che lottano per costruire altre forme di intimità e relazione….
????????????A partire dal ripensamento delle pratiche di lotta femminista e transfemminista che abbiamo elaborato in questi mesi di pandemia, di fronte alla necessità e urgenza della cura collettiva e responsabile, sentiamo l’urgenza di costruire per il prossimo 8 marzo un nuovo sciopero femminista e transfemminista, dei generi e dai generi, della produzione, della riproduzione e dal consumo. L’8 marzo scioperiamo contro l’eterosessualità obbligatoria, contro lo sfruttamento del nostro lavoro produttivo e riproduttivo, contro l’intensificazione della violenza patriarcale, contro i regimi razzisti e di sfruttamento della mobilità! Rivendichiamo il diritto al lavoro sessuale: autorganizzato, autogestito e libero dallo sfruttamento, dai confini e dalle ordinanze repressive che perpetuano la violenza e lo stigma sulle nostre vite. Vogliamo il superamento di performance di genere obbligatorie e normalizzate che aumentano i profitti a discapito dei nostri bisogni e desideri. Vogliamo il reddito di autodeterminazione e SPAZI per autorganizzare la nostra lotta, la nostra vita, la nostra salute e i nostri desideri.
????‍♀️????????Streghe della magia oscura, millepiedi dalle cento zampe, rane psichedeliche e scorpione velenose, scheletri nell’armadio, orchesse affamate, cyborg rottamati, diavolesse kinky, mistresses stressatu: è tempo di evocare la fine del capitalismo eterocispatriarcale e di iniziare a cospirare per il mondo che vogliamo!
Essenziale è il nostro sciopero, essenziale è la nostra lotta!
❤️‍????… e se lo sciopero è essenziale… i generi, no. Grazie.
Liber* di transitare tra generi e confini

Prendiamo parola come persone trans migranti

Riceviamo e condividiamo questo intervento di una compagna attivista, Denise, da cui speriamo inizi una (auto)riflessione collettiva all’interno delle nostre comunità. L’intervento è stato originariamente fatto al festival Divergenti 2020, organizzato dal MIT, e può essere ascoltato qui, con audio sia in inglese che italiano

Ciao a tutte, tutti e tuttu. Sono molto onorata di essere qui, ed anche emozionata. Parlerò dei problemi delle persone trans migranti, come me. Sono una persona trans migrante e questo è un momento importante per me e per tuttu noi, perchè è importante parlare dei problemi da “dentro”, altrimenti è molto facile che nascano delle incomprensioni.
Il mio intervento sarà per punti.

1. Il primo problema riguarda il nome ed il riconoscimento legale, dei documenti. Questo è uno dei principali problemi per le persone trans migranti, stando a quello che vedo e di cui ho esperienza. Innanzitutto non siamo a nostro agio nell’usare il nostro dead-name ed il sesso sbagliato del documento. Per esempio, quando ci candidiamo per un lavoro, ci iscriviamo a scuola o ad un corso, perfino all’ospedale ci chiamano con i nostri dead-names. Ad esempio, un’amica trans e migrante è andata dal dentista e ha chiesto di essere chiamata con il suo nome scelto, ma le persone dell’ufficio hanno insistito a chiamarla con il nome sui documenti. Sappiamo che è possibile cambiare il nome sui documenti in Italia ma attraverso un processo non facile, che richiede molto tempo, e questo tempo ci fa perdere fiducia e ci mette in difficoltà. Insieme, lavorando collettivamente, possiamo cambiare qualcosa, parlarne, rendendo esplicito questo problema enorme al governo o a chi ne è responsabile.

2. Come persona trans immigrata è veramente difficile trovare lavoro in Italia, perché per un datore di lavoro sia l’essere trans che essere immigrata sono cose negative. Perfino a Bologna, nonostante si dica sia una città di mentalità “aperta”, è molto difficile trovare lavoro. Perchè ci considerano criminali: non avere sul documento il proprio sesso e il proprio nome crea nei datori di lavoro la convinzione che siamo criminali, mentre siamo solo persone che cercano di vivere la propria vita. E anche se si trova un lavoro, è molto probabile venire molestate sessualmente, o bullizzate, o subire mobbing, o licenziate. Per una persona trans migrante trovare e mantenere un lavoro è molto difficile, più difficile che per altre persone LGBTQIA+.

3. Il terzo punto riguarda le difficoltà durante la pandemia di Covid-19 e durante la quarantena. Certo, so che è un momento duro per tuttu, ma è davvero grave per le persone trans immigrate. Se già, come ho detto, è difficile per noi trovare lavoro, in questo momento è ancora più difficle sia trovare un lavoro che anche solo un posto in cui vivere. Come sapete molte persone trans migranti sono spinte a lavorare come sex-worker. Non lo dico perchè penso che il sexwork sia qualcosa di negativo, è un lavoro come un altro, ma non è la stessa cosa sceglierlo liberamente ed essere spinta a farlo quando non hai possibilità di altre scelte. In questo momento lavorare come sex worker è molto difficile, perchè è tutto chiuso, nessuno vuole rischiare ed uscire di casa. Durante la quarantena molte hanno dovuto lasciare anche questo lavoro. Molte di noi sono rimaste senza cibo, e siccome il sex-work non è considerato lavoro, non c’è nessuna assicurazione sanitaria, nessun intervento di aiuto da parte delle istituzioni. Quindi in questo momento non hanno lavoro e nessuno ne prende atto.

4. Un altro punto è la mancanza di informazioni sui diritti delle persone LGBTQIA+ migranti, diritti trans ed attivismo delle persone trans migranti. Molte di noi non hanno idea dei diritti che abbiamo, non ne sanno nulla e nessuno prova a spiegarglieli. All’interno della comunità LGBTQIA+ siamo quell* che incontrano i maggiori problemi e difficoltà, e questi problemi dovrebbero essere risolti, dovremmo parlarne, fare di più, ma siamo impossibilitate perché non sappiamo cosa o come fare. Vediamo attivist* e attivismo dappertutto ma non ci sono soluzioni per noi. Perciò molte persone trans immigrate pensano che l’attivismo sia inutile, una perdita ti tempo. Io mi considero attivista, e chiedendo spiegazioni ad altre persone trans migranti sul perchè avessero questa opinione, ho scoperto che molte si sono semplicemente rassegnate al fatto che questa vita invisibile sia l’unica vita possibile per una persona trans. Ma non è così! Come migranti transgender dovremmo poter vedere altri lati dell’attivismo e della comunità, ma raramente accade.

5. Questo punto è connesso al precendete: la mancanza di rappresentanza delle persone trans migranti nella comunità LGBTQIA+. Spesso non siamo inclus* e siamo invisibilizzat* nei gruppi LGBTQIA+. Anche a Bologna ce ne sono molti ma se guardiamo a chi c’è in quei gruppi, in quelle comunità, non vediamo nessun* come noi, non vedo persone trans migranti, non c’è nessuna. L’unica persona che vedo è Mazen e forse ce ne sono altre ma non mi capita mai di incontrarle. Ecco perché ci sentiamo alienate, ed è la sensazione più brutta. C’è un detto che dice che la cosa peggiore che si può fare ad una persona è comportarsi come se non esistesse, e loro si comportano come se noi non esistessimo. Ed, effettivamente, noi non esistiamo nei loro gruppi. E questa è la cosa peggiore che potrebbero farci, e sta accadendo all’interno della nostra comunità. Immaginate di avere un amic* gay, lesbica o bisessuale che finge che tu non esista… è doloroso. Ed è per questo che molt* di noi sono restie a collaborare con questi gruppi, con queste persone, perchè non ci sentiamo rappresentat*.

6. L’ultimo punto riguarda il privilegio bianco e la supremazia gay cis nella comunità. Altre persone parlano dei miei problemi al posto mio, ma io ho una voce e posso parlare dei miei problemi e delle mie richieste. Ma non ci invitano, non ci lasciano parlare e fanno sì che veniamo fraintes*, noi e le nostre richieste. Di solito uomini gay cis italiani, bianchi e privilegiati occupano, o meglio, invadono con la forza non solo i ruoli principali ma quasi tutti i ruoli nei gruppi LGBTQAI+. Difficilmente lasciano parlare autonomamente altru, non solo noi persone trans migranti, ma anche lesbiche, bisessuali, persone intersex, queer e trans. Le persone trans migranti sono lasciate per ultime nella comunità, gruppi ed assemblee LGBTQIA+, siamo le ultime a parlare. Voglio dare un esempio: quasi un anno fa durante il primo lockdown c’era un ragazzo gay cis bianco che parlava dei problemi delle persone trans in Italia durante la quarantena. Ha dichiarato che il nostro problema principale fosse l’accesso agli ormoni, ignorando tutti i nostri problemi. E per me è stato uno shock: fermi tutti. Chi sei tu bianco italiano cis uomo per parlare al posto mio? Abbiamo altri problemi più gravi, specialmente durante il lockdown. Non hai probabilmente nemmeno un amicu trans perchè è ovvio che non hai idea di quello che dici, ma stai parlando di noi in un incontro internazionale, una grande piattaforma, con altre persone di altri paesi. Ci stava rappresentando in quella conferenza senza sapere nulla di noi, lo vedete il problema? Come se un botanico entrasse in un giardino per curare un albero malato e si soffermasse a studiare l’albero sano. Sentire una persona italiana privilegiata che si erge a rappresentante dei nostri problemi è davvero stupido.

È difficilissimo risolvere tutti questi problemi, il punto non è trovare una soluzione qui e ora, ma piuttosto dare spazio a noi per parlare per noi stessu, noi vogliamo esistere e abbiamo bisogno che ci lasciate parlare, abbiamo bisogno di spazio. Ci sono molti gruppi in cui voi parlate e vi esprimete, e la stessa cosa vogliamo anche noi. Non vogliamo certo occupare e gestire tutto lo spazio come dei maschi gay privilegiati, noi vogliamo solo essere coinvoltu, parlare. Ne abbiamo bisogno.

Grazie per avermi ascoltata, grazie a tuttu.

 

TDOR a Bologna 21 Novembre 2020

Quest’anno il TDoR (Transgender Day of Remembrance) verrà commemorato durante una pandemia che ci ha trovat* impreparat* e che ha accentuato le distorsioni del sistema in cui siamo immers*. Sistema che obbliga i lavoratori e le lavoratrici ad anteporre la priorità della produzione alla sicurezza sanitaria. Con l’emergenza Covid le disuguaglianze sociali si sono acuite e accentuate, portando all’isolamento sociale e all’esclusione dai sostegni al reddito oltre che dalle possibilità di incontro, scambio e mutuo aiuto.

La violenza di genere contro le persone trans non è cessata. L’Italia è sempre al primo posto nelle classifiche europee per il numero di donne trans uccise dalla violenza sistemica di genere. È una violenza intrisa di transfobia, misoginia, razzismo.

La violenza è sistemica e il TdOR si pone in continuità con la giornata internazionale contro la violenza di genere del 25 Novembre, nella prospettiva transfemminista che Non Una Di Meno da anni porta nelle strade e nelle piazze.

Per questi motivi chiamiamo in piazza la comunità trans tutta e i/le su* alleat*, non solo per commemorare le vittime, ma per avere un momento assembleare dove poter parlare insieme dei bisogni materiali della nostra comunità e mettere in rete le azioni concrete di mutualismo che diverse associazioni e collettivi della città stanno mettendo in atto. Durante l’assemblea sarà dato modo a tutt* di poter dare il proprio intervento. Come organizzatrici vi chiediamo di preparare interventi che mettano in risalto i bisogni concreti e le azioni mutualistiche che vorreste proporre o che già state realizzando. Crediamo che il TDoR sia l’occasione per la comunità T* di rompere l’isolamento forzato dalla pandemia di questi mesi e per dare risposte concrete, oltre al denunciare la violenza patriarcale che non solo ci uccide ma che impedisce di avere pari diritti e dignità.

In piazza sarà possibile contribuire alla raccolta alimentare lanciata dal MIT la raccolta di pc e tablet per persone LGBTIQ+ lanciata da B-Side Pride.

Inoltre come organizzatori vi chiediamo di contribuire alla raccolta fondi per le compagne trans detenute presso il carcere di Reggio Emilia. Sarà possibile donare direttamente all’evento.

L’appuntamento è per sabato 21 novembre 2020 alle ore 16.30 in piazza dell’Unità (zona Bolognina) a Bologna.

Saranno predisposte tutte le misure per il distanziamento fisico per prevenire il contagio covid e sarà richiesto l’uso della mascherina.

Organizzatori
MIT
BSIDE PRIDE
CASSERO LGBT CENTER
LAB SMASCHIERAMENTI
UNILGBTLA MALA EDUCATION
MUJERES LIBRES
ELASTICO FA/ART
OMBRE ROSSE
Per adesioni scrivete a info@mit-italia.it

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